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Visto d’ingresso per lavoro autonomo

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Le tipologie di visti d’ingresso in Italia sono previste e disciplinate dal Decreto del Ministero degli Affari Esteri 11 maggio 2011.

Il visto per lavoro autonomo consente l’ingresso in Italia allo straniero che intenda esercitare un’attività lavorativa a carattere non subordinato, o costituire una società di capitali o di persone, o accendere a cariche societari ai sensi dell’articolo 26 del Testo Unico sull’Immigrazione.

Quali sono i requisiti per ottenere un visto d'ingresso per lavoro autonomo?

Chi attesta i parametri finanziari per l'esercizio dell'attività di lavoro autonomo?

La documentazione richiesta per l'ottenimento del nulla osta provvisorio all'ingresso per lavoro autonomo può essere presentata tramite procuratore?

I visti di ingresso e i relativi titoli di soggiorno sono rilasciati entro il limite delle quote precedentemente fissate dal Governo.

Tale autorizzazione viene rilasciata a condizione che l’attività da svolgere non sia riservata dalla legge ai cittadini italiani.

I requisiti e le condizioni per l’ottenimento del visto sono previsti dall’articolo 26 del Testo Unico n. 286/1998, e dall’articolo 39 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 394/1999.

Il richiedente deve quindi dimostrare:

  • di disporre di adeguate risorse finanziarie per l'esercizio dell'attività che desidera intraprendere in Italia;
  • di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per svolgere determinati lavori (iscrizioni ad albi o registri professionali);
  • che non ci siano motivi ostativi al rilascio delle eventuali licenze o autorizzazioni previste per l'esercizio dell'attività.

Lo straniero che intende svolgere in Italia attività per le quali è richiesto il possesso di una autorizzazione o licenza o l’iscrizione in apposito registro o albo, ovvero la presentazione di una dichiarazione o denuncia,  ed ogni altro adempimento amministrativo, è tenuto a richiedere alla competente autorità amministrativa, anche tramite proprio procuratore, la dichiarazione che non sussistono motivi che impediscono il rilascio del titolo abilitativo o autorizzatorio.

La dichiarazione è rilasciata quando sono soddisfatte tutte le condizioni e i presupposti previsti dalla legge per la concessione del titolo abilitativo o autorizzatorio richiesto.

Il cittadino extracomunitario, anche per le attività per le quali non è previsto il rilascio di alcun titolo abilitativo o autorizzatorio, è tenuto ad acquisire presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente in relazione al luogo in cui l’attività lavorativa autonoma deve essere svolta, o presso il competente ordine professionale, l’attestazione dei parametri di riferimento riguardanti la disponibilità delle risorse finanziarie occorrenti per l’esercizio dell’attività.

Tali parametri si fondano sulla disponibilità  da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all’assegno sociale.

La dichiarazione e l’attestazione di cui sopra sono rilasciate, ove richieste, a stranieri che intendano operare come soci prestatori d’opera presso società, anche cooperative, costituite da almeno tre anni.

La dichiarazione di cui si è detto, unitamente a copia della domanda e della documentazione prodotta per il suo rilascio, nonché l’attestazione della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura devono essere presentate,  anche tramite procuratore, alla Questura territorialmente competente.

La Questura provvederà ad apporre sulla dichiarazione il nullaosta provvisorio ai fini dell’ingresso.

Il nullaosta provvisorio viene rilasciato, dopo aver verificato che non sussistano, nei confronti dello straniero, motivi ostativi all’ingresso e al soggiorno nel territorio dello Stato per motivi di lavoro autonomo.

La dichiarazione provvista del nullaosta è rilasciata all’interessato o al suo procuratore.

Per le attività autonome di consulenza o con contratto di collaborazione, per le quali non è disposta alcuna iscrizione nel registro delle impresse, e che non richiedono licenze o autorizzazioni, iscrizioni ad albi o registri professionali

– per cui non è identificabile l’autorità amministrativa competente alla concessione della dichiarazione e dell’attestazione –

occorre che i cittadini stranieri presentino la seguente documentazione:

  • idoneo contratto di collaborazione corredato da un certificato di iscrizione al registro delle imprese dell’azienda committente;
  • copia di una dichiarazione rilasciata dal committente alla Direzione territoriale del lavoro, nella quale venga specificato che nel contratto di collaborazione stipulato non verrà instaurato alcun rapporto subordinato;
  • dichiarazione del committente con la quale si assicura di corrispondere al collaboratore a progetto un importo superiore al livello minimo disposto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria;
  • copia dell’ultimo bilancio depositato presso il registro delle imprese (nel caso di società di capitali) o nell’ultima dichiarazione dei redditi (per le società di persona o impresa individuale), da cui risultino adeguate risorse per il pagamento del corrispettivo compenso al collaboratore straniero.

In tutti i casi sopra elencati, il cittadino straniero deve, altresì, dimostrare di disporre di un alloggio idoneo.

La dichiarazione, l’attestazione ed il nullaosta devono essere presentati dallo straniero alla Rappresentanza diplomatica o consolare competente per il rilascio del visto di ingresso, entro tre mesi dalla data del rispettivo rilascio.

Il visto viene rilasciato entro 120 giorni dalla richiesta (art. 26, comma 7 del Testo Unico).

L’Ambasciata provvederà entro tale termine a verificare:[fancy_list]

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Il visto deve essere utilizzato entro 180 giorni dal rilascio.

Avverso il diniego di visto per lavoro autonomo può essere presentato ricorso giurisdizionale innanzi al TAR Lazio, entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento.

Giurisprudenza (massime): 

Nei procedimenti ad istanza di parte è previsto un onere partecipativo: il responsabile del procedimento, infatti, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, deve comunicare tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda.

La mancanza di tale formalità procedimentale comporta l'illegittimità del procedimento.

Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Roma, Sezione 3 ter
Sentenza 1 aprile 2014, n. 3551

E’ illegittima la reiezione della richiesta di visto per lavoro autonomo presentata dallo straniero adottata in violazione dell’art. 10 bis, L. n. 241 del 1990.

Nella fattispecie, invero, deve intendersi configurabile un procedimento ad istanza di parte conseguente alla presentazione, da parte dell’interessato, della richiesta di visto d’ingresso per lavoro autonomo, tale che la mancanza della predetta formalità procedimentale comporta l’illegittimità del diniego di visto costituente atto finale del procedimento.

Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Roma, Sezione 3 ter
Sentenza 12 marzo 2014, n. 2786

 In ordine all'obbligo di motivazione dei dinieghi di visto, dal quale l'Amministrazione è esonerata solo per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, la ratio della disposizione introdotta nel secondo comma dell'art. 4 del Testo Unico dal d.lgs. 30 luglio 2002, n. 189, è costituita dalla tutela di valori quali la sicurezza e l'ordine pubblico, che però cedono dinanzi ai casi particolari previsti dagli articoli 22, 24, 26, 27, 28, 29, 36 e 39 del Testo Unico (lavoro subordinato a tempo determinato ed indeterminato, lavoro stagionale, lavoro autonomo, ripristino dell'unità familiare, cure mediche ed accesso agli studi universitari) in esso richiamati e la cui elencazione, destinata a disciplinare l'obbligo di motivazione anche per ragioni di sicurezza ed ordine pubblico nei particolari casi da esse disciplinati è da considerarsi tassativa.

Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma, Sezione 1 quater
Sentenza 24 gennaio 2011, n. 699

E' annullabile il provvedimento con il quale il consolato generale d'Italia rigetti la domanda di visto presentata dal ricorrente per l'ingresso in Italia per lavoro autonomo, motivato in base al decreto interministeriale n. 850 del 2011 che non consente il rilascio del visto nei riguardi del socio amministratore di una s.n.c., ruolo rivestito nel caso di specie dal ricorrente, ma solo nei riguardi di stranieri facenti parte di società italiane ove rivestano il ruolo di presidente, membro del CdA, amministratore delegato e revisore dei conti, limitatamente alle società di capitali.

Tuttavia, ritenuto che la norma di rango superiore, contenuta nell'art. 26 del D.Lgs. n. 286 del 1998 riconosce allo straniero la possibilità di esercitare in Italia un'attività industriale, professionale, artigiana o commerciale o costituire società di capitali o di persone, previa dimostrazione del possesso delle risorse adeguate per l'esercizio dell'attività che intende intraprendere, senza ulteriori limitazioni, non rinvenendosi in nessun'altra norma di rango superiore al D.M. il diniego opposto dall'Amministrazione, ne discende l'annullamento dell'atto impugnato

Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Roma, Sezione 3 ter
Sentenza 29 gennaio 2014, n. 1119

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