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Diritto Civile: opponibilità ai successivi acquirenti

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Diritto Civile.

Opponibilità ai successivi acquirenti del regolamento condominiale che limiti il diritto di proprietà.

Commento a sentenza Cass. civ. sez. II, 31 luglio 2014 n. 17493

In base all’art. 1138 c.c., il regolamento di condominio deve contenere le norme per l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

Le norme di Diritto Civile, in materia condominiale, contenute nel codice civile hanno natura sussidiaria rispetto a quanto previsto nel regolamento, in quanto le norme codicistiche intervengono solo laddove manchi il regolamento condominiale.

Il regolamento di condominio può essere approvato dall’assemblea o essere redatto dall’originario proprietario e fatto approvare dall’acquirente al momento dell’acquisto dell’immobile.

I regolamenti di natura assembleare possono essere approvati anche a maggioranza; in tal caso, però, non possono introdurre limitazioni alla proprietà comune o privata. Tali limitazioni possono essere introdotte solo con il consenso di tutti i proprietari (regolamento assembleare approvato all’unanimità).

Nel caso in cui l’assemblea non approvi il regolamento o resti inerte, il singolo proprietario può ricorrere all’Autorità Giudiziaria, chiedendo di redigere il regolamento di condominio.

Il regolamento condominiale deve essere allegato nel registro dei verbali di assemblea.

I regolamenti di natura non assembleare sono, invece, redatti dal costruttore dell’edificio o dall’originario ed unico proprietario, il quale lo inserisce con un’apposita clausola nel contratto di vendita dell’unità immobiliare.

Tali regolamenti prevedono, spesso, limitazioni ai diritti dei proprietari.

A queste limitazioni alla proprietà contenute nel regolamento di condominio (es. non parcheggiare le auto nel cortile; non modificare la destinazione d’uso del locale, etc.), la Corte di Cassazione ha riconosciuto la natura di servitù reciproche: si tratterebbe, cioè, di tante servitù quante sono le unità immobiliari, con il medesimo oggetto ( ad esempio,non modificare la destinazione d’uso del locale; ogni unità immobiliare è, quindi, contemporaneamente, fondo dominante e fondo servente: fondo dominante, perché può imporre gli altri fondi serventi di rispettare la servitù (non modificare la destinazione d’uso del locale) e fondo servente perché deve rispettare il divieto di modificare la destinazione d’uso del locale.

In tali casi, perché sia opponibile ai terzi acquirenti, è necessario che il regolamento condominiale di natura contrattuale (predisposto dall’originario proprietario) sia trascritto nei registri immobiliari e che nella nota di trascrizione sia indicata la specifica clausola che limita la proprietà.

Altrimenti, la predetta clausola non può essere opposta ai successivi acquirenti, benché la stessa sia contenuta nel regolamento di condominio.

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