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Per poter far ingresso in Italia, lo straniero deve dimostrare di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza (art. 4, comma 3, Testo Unico Immigrazione).
In attuazione di tale norma, il Ministero dell’Interno ha emanato, in data 1/3/2000, la Direttiva sulla definizione dei mezzi di sussistenza per l’ingresso ed il soggiorno degli stranieri nel territorio dello Stato.
La predetta Direttiva stabilisce che la disponibilità dei mezzi finanziari possa essere dimostrata, dal cittadino straniero, mediante l’esibizione di denaro contante, di fideiussioni bancarie, di polizze fideiussorie, di equivalenti titoli di credito, di titoli di servizi prepagati o di atti comprovanti la disponibilità in Italia di fonti di reddito.
Salvo che le norme dispongano diversamente, lo straniero deve indicare poi l’esistenza di un idoneo alloggio nel Territorio Nazionale e la disponibilità della somma occorrente per il rimpatrio, comprovabile questa anche con l’esibizione del biglietto di ritorno.
In caso di ingresso per motivi di lavoro subordinato, la proposta di contratto di soggiorno formulata dal datore di lavoro sostituisce la dimostrazione da parte dello straniero della disponibilità dei mezzi di sussistenza.
In tal caso, quindi, il permesso di soggiorno verrà rilasciato sul presupposto dell’assunzione.
La disponibilità dei predetti mezzi di sussistenza dev’essere, invece, documentata in sede di rinnovo (art. 5, comma 5, Testo Unico Immigrazione).
Ai sensi dell’art. 13 comma 2 del D.P.R. 394/99, al momento del rinnovo del permesso di soggiorno, il cittadino extracomunitario deve presentare documenti che attestino la disponibilità di un reddito sufficiente al proprio sostentamento ed eventualmente a quello della famiglia.
In giurisprudenza si è ormai consolidato un orientamento secondo il quale le Questure non devono formulare una valutazione automatica delle risorse sufficienti legata ai parametri previsti dall’importo annuo dell’assegno sociale, dovendo invece considerare la storia lavorativa pregressa dell’interessato e la prospettiva di lavoro futura.
Il preteso automatismo del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno in mancanza di lavoro trova smentita anche in relazione a situazioni che non sono imputabili al lavoratore extracomunitario, come in caso di malattia o infortunio prolungati.
L’art.8, co.1, della Convenzione O.I.L. n.97 del 1949 impedisce il rinvio nel paese di provenienza in caso di sopravvenuta impossibilità di lavorare causata da malattia o infortunio.
Si possono ritenere utili al rinnovo del permesso di soggiorno anche i redditi da lavoro nero.
Ancora, ai fini della dimostrazione del requisito reddituale, deve tenersi conto del reddito percepito dall’intero nucleo familiare:
in tal senso si è, di recente, espresso il Tar Friuli Venezia Giulia, con sentenza n. 206, del 13 maggio 2014, annullando il provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno emesso della Questura di Pordenone, per non aver considerato la circostanza che l’interessata poteva contare anche sul reddito della sorella convivente.
Inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 5 , secondo periodo, del Testo unico sull’Immigrazione, come modificato dal d.,lgs. n. 5 del 2007, e successivamente dall'articolo 1, comma 22, lettera d), della legge 15 luglio 2009, n. 94,
qualora si tratti di uno straniero che è entrato in Italia a seguito di ricongiungimento familiare,
deve tenersi conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale:
si ricorda che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 22 del 18 luglio 2013, ha esteso tale tutela rafforzata anche allo straniero che, pur non avendo formalmente esercitato il diritto di ricongiungimento familiare, si trovi nelle condizioni fattuali per esercitarlo.
“In sostanza, la norma impone alla amministrazione di effettuare una approfondita valutazione circa l’inserimento dello straniero nel nostro Paese e la effettività dei suoi vincoli familiari (cfr. ex multis Consiglio Stato, sez. VI, 16 febbraio 2011 , n. 995)” (TAR Lazio, Sezione Seconda Quater, sent. 17 gennaio 2012, n. 531).