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L' acquisto della cittadinanza italiana è disciplinato dalla legge n. 91/1992 e dal relativo regolamento di attuazione, D.P.R. 572/1993.
Le possibilità previste dal legislatore per l'acquisto della cittadinanza italiana sono le seguenti:
1) cittadinanza per discendenza da ex cittadini italiani:
la fattispecie riguarda lo straniero del quale il padre o la madre oppure uno dei nonni sono stati cittadini italiani per nascita;
2) cittadinanza per beneficio di legge per nascita in Italia:
la possibilità riguarda lo straniero, nato in Italia e residente in Italia fino alla maggiore età, che dichiari entro il diciannovesimo anno di età di voler diventare cittadino italiano;
3) cittadinanza per matrimonio con cittadino italiano:
il coniuge straniero può acquistare la cittadinanza italiana quando risiede legalmente in Italia da almeno sei mesi ovvero dopo tre anni, se celebrato all'estero, dalla data del matrimonio;
4) cittadinanza per naturalizzazione ordinaria:
5) cittadinanza per iuris communicatio: i figli minori di chi acquista la cittadinanza italiana diventano cittadini italiani, ma una volta maggiorenni possono rinunciarvi se in possesso di un'altra cittadinanza.
Ai sensi dell'articolo 5 della legge 91/1992, il cittadino straniero può acquistare la cittadinanza italiana a seguito di matrimonio, quando risieda legalmente in Italia da almeno sei mesi, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio, sempre che non vi sia stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.
La cittadinanza si acquista con decreto del Ministro dell'Interno, su domanda presentata al Prefetto competente per territorio in relazione alla residenza dell'interessato ovvero, qualora ne ricorrano i presupposti, all'autorità consolare (articolo 7 legge 91/1992 e articolo 1 del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 362).
Il ministro può denegare la concessione della cittadinanza quando sussista una «condanna» per uno dei delitti contro la personalità dello Stato previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II, III del codice penale (articolo 6 comma 1, lettera a, della legge 91/1992), ovvero per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione, o ancora, in caso di condanna per un reato non politico a una pena detentiva superiore a un anno, in forza di una sentenza pronunciata all'estero e riconosciuta in Italia, (articolo 6, comma 1, lettera b), o infine, per la sussistenza nel caso specifico di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
Quando il provvedimento di diniego della cittadinanza si fonda sull'insussistenza degli elementi positivi di cui all'articolo 5, ovvero sulla sussistenza di una condanna penale, la posizione del richiedente si struttura in termini di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria.
In tal caso, infatti, l’ attività esercitata dall’autorità amministrativa riveste natura vincolata.
Quando, invece, il diniego di concessione sia fondato sui motivi di sicurezza da ultimo citati, la posizione del richiedente degrada a interesse legittimo.
In tal caso, viene esclusa la sindacabilità di tali motivi ad opera del giudice ordinario.
Il relativo ricorso deve essere presentato dinanzi al TAR.
Giurisprudenza: (massime)
Nel caso dell'acquisizione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall'art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, deve ritenersi che il coniuge del cittadino sia titolare - in generale – di un vero e proprio diritto soggettivo all'emanazione del decreto, che affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell'esercizio, da parte della Pubblica Amministrazione, del potere discrezionale di valutare l'esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a detto acquisto.
Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma, Sezione 2 quater
Sentenza 7 novembre 2012, n. 9146
Nel caso dell’acquisizione della cittadinanza per matrimonio, l' unica causa preclusiva alla concessione della cittadinanza demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione è quella di cui all'art. 6, comma 1, lett. c, della legge n. 91 del 1992, ossia la sussistenza, nel caso specifico, di "comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica”.
Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma, Sezione 2 quater
Sentenza 21 febbraio 2011, n. 1603
La concessione della cittadinanza per matrimonio, disciplinata dall'art. 5 della legge n. 91 del 1992, attiene ad una situazione giuridica soggettiva avente la consistenza di diritto soggettivo.
In tale ambito, l'unica causa preclusiva alla concessione della cittadinanza, che risulta essere demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione, è quella di cui all'art. 6, comma 1, lett. c, della legge n. 91 del 1992, ossia la sussistenza, nel caso specifico, di "comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica". Soltanto in tale evenienza, la citata situazione di diritto soggettivo risulta affievolita in interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo. Le altre cause preclusive, invece, non richiedendo alcuna valutazione discrezionale da parte dell'amministrazione, determinano il mantenimento della giurisdizione in capo al giudice ordinario.Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma, Sezione 2 quater
Sentenza 3 maggio 2011, n. 3788
Nella ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 5, L. 5 febbraio 1992, n. 91, l'acquisto della cittadinanza italiana costituisce un diritto soggettivo che, come tale, deve essere azionato necessariamente davanti all'autorità giudiziaria ordinaria e non già innanzi a quella amministrativa.
Nella specie in considerazione, il Ministero convenuto, pur non negando la tardività dell'emissione del provvedimento di diniego (dichiarando di averlo realmente emesso oltre il termine perentorio di due anni dalla presentazione dell'istanza) eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo.Tale eccezione, sulla base del principio appena espresso, deve essere rigettata ed il ricorrente va dichiarato cittadino italiano.
Tribunale Genova, Sezione 10 civile
Sentenza 29 novembre 2012, n. 3903
Nel caso di acquisto della cittadinanza per matrimonio con un cittadino italiano, l'art. 8 comma 2, L. 5/2/1992 n. 91, assegna alla competente autorità amministrativa un termine perentorio di due anni per pronunciarsi sulla relativa istanza, con la precisazione che, una volta decorso tale termine, resta preclusa all'Amministrazione l'emanazione del decreto di rigetto della domanda di cittadinanza, venendo ad operare una sorta di silenzio assenso sulla relativa istanza dello straniero coniugato con un cittadino italiano, atteso che per effetto dell'inutile decorso del termine suddetto l'Amministrazione perde il potere di negare la cittadinanza.
Ne deriva che il diritto soggettivo del coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano, affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell'esercizio da parte della pubblica Amministrazione del potere discrezionale di valutare l'esistenza dei motivi preclusivi, di cui all'art. 6, L. 5/2/1992 n. 91, nel termine assegnato; una volta precluso l'esercizio di tale potere per mancato rispetto del termine sussiste, pertanto, il diritto soggettivo all'emanazione dell'atto di concessione della cittadinanza che il soggetto interessato può far valere davanti al giudice ordinario.Tribunale Amministrativo Regionale MARCHE - Ancona
Sentenza 10 ottobre 2008, n. 1550
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