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La negoziazione assistita per separazione e divorzio

L’art. 6 del capo II, L. 162/2014 è dedicato alla particolare ipotesi di negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio.

La disciplina prevede che tramite la convenzione di negoziazione assistita (da almeno un avvocato per parte) i coniugi possano raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o divorzio precedentemente stabilite.

La procedura è applicabile, a seguito delle modifiche apportate in sede di conversione del decreto legge 132/2014, sia in assenza che in presenza di figli minori o di figli maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.

Grava sul professionista l’onere di accertare la sussistenza dei requisiti e pertanto è opportuno inserire nelle premesse della convenzione la dichiarazione secondo cui le parti affermano, sotto la propria responsabilità, di trovarsi nelle condizioni che consentono di avvalersi della negoziazione assistita.

La convenzione è un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere una controversia (art. 2).

Deve essere redatta in forma scritta a pena di nullità e deve contenere la previsione di un termine non inferiore a trenta giorni e non superiore a tre mesi – prorogabile su accordo delle parti di altri trenta giorni - entro il quale concludere o meno l’accordo.

Oggetto della convenzione possono essere solo diritti disponibili.

L’avvocato certifica l’autografia delle firme delle parti che partecipano alla convenzione, nonché la data nella quale le stesse sono state apposte, ai fini della decorrenza del termine entro il quale giungere all’accordo.

Dopo la redazione della convenzione, si procede alla stesura dell’accordo, che contiene le condizioni di separazione e divorzio, siano esse riguardanti l’affidamento o il mantenimento dei figli, l’assegno di mantenimento per il coniuge o i trasferimenti di tipo patrimoniale.

Nella fase di redazione dell’accordo, sono rilevanti i compiti e le funzioni attribuite all’avvocato, il cui ruolo consiste nel tutelare i diritti dei coniugi anche al di fuori di un procedimento giurisdizionale che si svolge innanzi da un giudice.

Nella procedura egli non è semplicemente l’avvocato della parte, ma deve favorire la conciliazione tra i coniugi.

Sono, infatti, attribuite al professionista funzioni proprie del negoziatore o del giudice all’udienza presidenziale di separazione o divorzio.

L’avvocato deve, infatti, avvisare le parti della possibilità di esperire la mediazione familiare e deve tentare la conciliazione tra i coniugi.

In caso di figli minori, egli deve ricordare alle parti l’importanza che i figli trascorrano tempi adeguati con entrambi i genitori.

Di queste attività deve essere dato atto nel testo dell’accordo redatto a seguito della negoziazione.

Infine, l’avvocato deve dichiarare sotto la propria responsabilità che l’accordo non è contrario a norme imperative di legge ed all’ordine pubblico, ossia che non sono presenti condizioni che ledano diritti considerati indisponibili.

La non contrarietà alle norme imperative di legge ed all’ordine pubblico può presentare confini incerti, in quanto tali concetti sono in continuo divenire e la giurisprudenza sta ampliando notevolmente il concetto di autonomia contrattuale delle parti.

Attualmente la Cassazione è concorde nel ritenere indisponibili alcuni diritti di ordine patrimoniale.

Sono ritenuti invalidi, ad esempio, gli accordi economici che abbiano ad oggetto la rinuncia ad un futuro diritto o la limitazione della libertà processuale delle parti – ossia la rinuncia al futuro assegno di divorzio o alla revisione dell’assegno – in quanto tali accordi sarebbero caratterizzati da  causa illecita.

Gli accordi possono comunque contenere previsioni relative all’assegno di mantenimento, di soluzioni una tantum, di trasferimenti immobiliari in luogo del mantenimento ecc..

In ogni caso, laddove le circostanze di fatto e di diritto dovessero mutare, il coniuge può sempre ottenere tutela in sede di modifica delle condizioni di separazione, o in sede di divorzio.

La legge ha inoltre introdotto il successivo controllo ad opera del P.M. che dovrebbe rafforzare la posizione del coniuge debole e della prole.

Infatti, una volta stilato l’accordo raggiunto a seguito della negoziazione, il procedimento si diversifica qualora la coppia abbia figli minori, maggiorenni non autosufficienti, portatori di handicap o incapaci.

Qual'è la procedura in caso di coniugi senza figli?

L’avvocato ha l’onere di inviare l’accordo sottoscritto al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente.

Non è stabilito un termine entro il quale trasmettere l’atto.

La legge non specifica se debba essere inviata unitamente all’accordo anche la convenzione, quali siano le modalità di invio e come si determini la competenza della Procura.

Di recente la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, con documento datato 16 dicembre 2014, ha specificato alcune linee guida per gli adempimenti previsti dall’art. 6 della legge 162/2014.

Quanto alla competenza territoriale, secondo il Tribunale di Milano, per le separazioni è territorialmente competente la procura in cui i coniugi hanno avuto l’ultima residenza comune, in caso di divorzio quella in cui almeno uno dei due coniugi ha la residenza, e in caso di modifica delle condizioni di separazione e divorzio, quella del luogo di residenza del beneficiario dell’obbligazione.

Riguardo alla documentazione che deve corredare l’accordo, è necessario allegare sempre l’estratto per riassunto dell’atto di matrimonio, il certificato di residenza dei coniugi e lo stato di famiglia.

Per il divorzio occorre, ovviamente, anche la sentenza o il decreto di omologa della separazione.

Per la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, l’accordo deve essere corredato dalle copie autentiche dei provvedimenti contenenti gli accordi precedenti (provvedimenti giudiziari o accordi sottoscritti mediante negoziazione assistita o di fronte all’Ufficiale dello Stato civile).

Nel caso di coppia coniugata senza figli minori o incapaci o non economicamente autosufficienti, il controllo della procura si limita alla “regolarità, mentre non sarà oggetto di valutazione economica il mantenimento del solo coniuge.

Il Tribunale appone sull’accordo il nullaosta del P.M.

E se i coniugi hanno figli minori, incapaci o non economicamente autosufficienti?

Riguardo alla documentazione fiscale, nel silenzio della legge, il Tribunale di Milano ha ritenuto essenziale l’allegazione delle dichiarazioni dei redditi relativi agli ultimi tre anni (parallelamente con la normativa sulla separazione e divorzio).

Quanto all’ incapacità dei figli maggiorenni, secondo la circolare ministeriale n. 19 del 28 novembre 2014, rilevano le sole incapacità dichiarate, quali l’interdizione, l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno, con esclusione quindi delle incapacità naturali.

Pertanto, nei casi di figli portatori di handicap gravi ai sensi della legge n. 104/1992 art. 3, e di figli incapaci dichiarati, all’accordo deve essere allegata la relativa documentazione.

L’accordo deve essere inviato alla Procura entro il termine di dieci giorni.

Il P.M. lo autorizza se le condizioni sono rispondenti all’interesse dei figli, o in caso contrario, lo trasmette al Presidente del Tribunale che fisserà, entro i successivi trenta giorni, un’udienza per la comparizione delle parti.

Una volta ottenuto il nullaosta o l’autorizzazione, nella fase conclusiva della procedura, l’avvocato è gravato di una particolare responsabilità, in quanto deve trasmettere entro il termine di dieci giorni, all’Ufficiale dello stato civile, copia autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni relativa all 'autografia delle firme ed alla conformità dell'accordo medesimo alle norme imperative ed all'ordine pubblico.

Si ritiene che il termine di dieci giorni cominci a correre dal momento in cui l’avvocato ha ritirato l’atto con il nullaosta o l’autorizzazione dalla Procura.

La conseguenza di un eventuale ritardo o omissione comporta per l’avvocato l’applicazione di sanzioni pecuniarie gravi, da euro 2.000 a euro 10.000, che saranno irrogate dal Comune ricevente l’atto.

In base alla circolare n. 19 del 28 novembre 2014, l’Ufficiale dello stato civile dovrà ricevere da ciascuno dei due avvocati l’accordo autorizzato, e sanzionare il professionista che si sia reso inadempiente.

In fase di ricezione, ogni Comune sta adottando prassi diverse anche secondo il grado d’informatizzazione degli uffici.

L’accordo deve essere trascritto a cura dell’ufficiale dello stato civile ai sensi dell’art. 63 d.p.r. 396/2000, ed annotato sia negli atti di nascita dei coniugi sia nell’atto di matrimonio.

L’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali di separazione, divorzio e modifica delle condizioni di questi.

Dalla data certificata nell’accordo di separazione concluso a seguito di negoziazione assistita, decorre il termine di tre anni per la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, come espressamente previsto dal novellato art. 3 della Legge n. 898/1970.

Separazione consensule e divorzio congiunto innanzi all'Ufficiale dello Stato civile

I coniugi senza figli (o con figli maggiorenni) possono recarsi presso il Comune di residenza di uno degli sposi o il comune in cui il matrimonio è stato iscritto o trascritto e, innanzi al Sindaco quale ufficiale dello stato civile, concludere un accordo di separazione o di divorzio alle condizioni da loro stessi concordate.

La stessa cosa può avvenire per la modifica delle precedenti condizioni di separazione e divorzio.

Tutto ciò, personalmente e con l’assistenza facoltativa di un avvocato.

L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniali.

Il divieto costituisce un’ulteriore limitazione di accesso alla procedura e non è chiaro se il termine trasferimento patrimoniale debba essere comprensivo di ogni scambio economico-patrimoniale.

Inteso nell’accezione più ampia, ciò limiterebbe ulteriormente le ipotesi ai casi in cui non ci sia neppure una previsione di assegno di mantenimento per il coniuge più debole.

Il fatto che si parli di trasferimenti, farebbe pensare che non ci si riferisca all’assegno di mantenimento, il quale non è definibile come patto di trasferimento ma è espressione del più generale dovere di mantenimento (art. 143 c.c.).

Tuttavia la circolare del Ministero dell’Interno n. 19/2014, ha specificato che la ratio della previsione è di escludere qualunque valutazione di natura economica o finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’ufficiale giudiziario.

Al momento, in assenza di specifiche indicazioni normative, i Comuni non accetteranno accordi con clausole aventi carattere dispositivo sul piano patrimoniale, come ad esempio l’uso della casa coniugale, l’ assegno di mantenimento e qualunque altra utilità economica tra i coniugi.

Quanto all’iter procedurale, l’ufficiale riceve da ciascuna delle parti personalmente la dichiarazione di volontà di separarsi o divorziare alle condizioni concordate.

Dell’eventuale assistenza di un legale si dà atto nel documento che sarà sottoscritto anche dal legale medesimo.

separazione congiunta immagineI coniugi dichiarano all’ufficiale del Comune di non trovarsi nelle condizioni di esclusione della procedura.

Nello stesso atto sono invitati a comparire nuovamente davanti all’ufficiale al fine di confermare l’accordo, per una data successiva non inferiore a trenta giorni.

In questo periodo l’Ufficio svolgerà i controlli sulle dichiarazioni rese dagli interessati.

La mancata comparizione equivale a mancata conferma dell’accordo.

In caso di comparizione, l’ufficiale redige la conferma dell’accordo di separazione o divorzio.

Anche l’accordo concluso innanzi all’Ufficiale dello stato civile produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali di separazione o divorzio.

I tre anni di separazione legale ai fini della richiesta successiva di divorzio decorreranno dalla data dell’atto contenente l’accordo e non quella della conferma, secondo quanto specificato dalla circolare 19/2014.

Tale fattispecie soggiace al rischio di accordi ingiusti o lesivi dei diritti di una parte, in quanto, da un lato, la presenza di un legale è solo facoltativa e, dall’altro, non è previsto il vaglio del P.M. e l’Ufficiale dello Stato civile non ha alcuna funzione di controllo riguardo al merito dell’accordo.

Diritto Civile

Il trasferimento agli arbitri dei procedimenti civili pendenti

Decreto-LEGGE 12 settembre 2014, n. 132 (entrata in vigore 13/09/2014)

Art. 1 Trasferimento alla sede arbitrale di  procedimenti  pendenti  dinanzi  all’autorita’ giudiziaria

  1. Nelle cause civili dinanzi al tribunale  o  in  grado  d’appello  pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, che non  hanno ad oggetto diritti indisponibili e che non vertono  in  materia  di lavoro, previdenza e assistenza sociale, nelle quali la causa  non  e’ stata assunta in  decisione,  le  parti,  con  istanza  congiunta,  possono richiedere di promuovere un procedimento  arbitrale  a  norma  delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del  codice  di procedura civile.
  2. Il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di  cui  al  comma 1, ferme restando le preclusioni e  le  decadenze  intervenute,  dispone la trasmissione del fascicolo  al  presidente  del  Consiglio  dell’ordine del circondario in cui ha sede  il  tribunale  ovvero  la  corte di appello per la nomina del collegio  arbitrale.  Gli  arbitri  sono individuati, concordemente dalle  parti  o  dal  presidente  del  Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno  tre  anni  all’albo dell’ordine  circondariale  che  non  hanno  avuto  condanne  disciplinari  definitive  e  che,  prima   della   trasmissione   del  fascicolo,  hanno  reso  una  dichiarazione  di   disponibilita’   al  Consiglio stesso.
  3. Il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli  effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e  il lodo ha gli stessi effetti della sentenza.
  4. Quando la trasmissione a norma del comma 2 e’ disposta in  grado  d’appello  e  il  procedimento  arbitrale  non  si  conclude  con  la  pronuncia del lodo entro centoventi  giorni  dall’accettazione  della  nomina del collegio arbitrale,  il  processo  deve  essere  riassunto  entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. Quando il  processo e’ riassunto il lodo non puo’ essere  piu’  pronunciato.  Se  nessuna  delle  parti  procede  alla  riassunzione  nel  termine,  il  procedimento si estingue e si applica l’articolo 338  del  codice  di  procedura civile. Quando, a norma dell’articolo  830  del  codice  di  procedura  civile,  e’  stata  dichiarata  la   nullita’   del   lodo  pronunciato entro il termine di centoventi giorni  di  cui  al  primo  periodo o,  in  ogni  caso,  entro  la  scadenza  di  quello  per  la  riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni  dal passaggio in giudicato della sentenza di nullita’.
  5. Nei casi di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, con decreto  regolamentare  del Ministro della giustizia possono essere stabilite  riduzioni  dei  parametri relativi ai compensi degli arbitri. Nei medesimi  casi  non  si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo,  del  codice  di procedura civile.
Nota a commento:
Presupposti:

Istanza congiunta delle parti:

la domanda di trasferimento deve essere formulata da tutte le parti: ciò sia al fine di evitare problemi di incostituzionalità della norma, sia perché l’aumento del costo del procedimento presuppone il consenso degli interessati;

Pendenza del procedimento:

il deferimento agli arbitri è possibile solo per le cause pendenti in tribunale ed in corte di appello e non ancora assunte in decisione;

Oggetto:

la controversia deve riguardare diritti disponibili;

Materia:

non è ammesso il trasferimento agli arbitri delle controversie in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale.

Diritto Civile

La separazione, il divorzio e la modifica delle condizioni di separazione presso l’avvocato con la negoziazione assistita

DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n. 132 (Entrata in vigore: 13/09/2014)

Art. 6 Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

1. La convenzione di negoziazione assistita da un avvocato puo’ essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 10 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

2. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.

3. L’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. L’avvocato della parte e’ obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’articolo 5.

4. All’avvocato che viola l’obbligo di cui al comma 3, secondo periodo, e’ applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 50.000. Alla irrogazione della sanzione di cui al periodo che precede e’ competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall’articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 49, comma 1, dopo la lettera g), e’ aggiunta la seguente lettera:« g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio;»; b) all’articolo 63, comma 1, dopo la lettera g), e’ aggiunta la seguente lettera:« g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonche’ di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.»; c) all’articolo 69, comma 1, dopo la lettera d), e’ aggiunta la seguente lettera:« d-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio;».

Nota a commento

Presupposti:

Possono fruire della negoziazione assistita dai propri avvocati, senza passare dal giudice, i coniugi che intendano divorziare, separarsi o modificare le condizioni di separazione, nel caso in cui non abbiano figli minori o maggiorenni incapaci o non economicamente autosufficienti;

Carattere vincolante dei pregressi provvedimenti giudiziali.

Oggetto:

La negoziazione assistita in sede legale può estendersi agli accordi patrimoniali.

Obblighi a carico degli avvocati:

Gli avvocati dovranno inviare copia autenticata dell’accordo, munita della certificazione della stessa, all’ufficiale dello stato civile entro 10 giorni dalla stipula, pena una sanzione amministrativa tra 5000 e 50.000 euro. Il predetto obbligo risulterà adempiuto nel momento in cui negli atti del comune risulterà annotato il divorzio o la separazione.

Effetti.

L’accordo raggiunto tramite negoziazione assistita produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che si sarebbero dovuti adottare per definire la controversia.

Diritto Civile.

Opponibilità ai successivi acquirenti del regolamento condominiale che limiti il diritto di proprietà.

Commento a sentenza Cass. civ. sez. II, 31 luglio 2014 n. 17493

In base all’art. 1138 c.c., il regolamento di condominio deve contenere le norme per l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

Le norme di Diritto Civile, in materia condominiale, contenute nel codice civile hanno natura sussidiaria rispetto a quanto previsto nel regolamento, in quanto le norme codicistiche intervengono solo laddove manchi il regolamento condominiale.

Il regolamento di condominio può essere approvato dall’assemblea o essere redatto dall’originario proprietario e fatto approvare dall’acquirente al momento dell’acquisto dell’immobile.

I regolamenti di natura assembleare possono essere approvati anche a maggioranza; in tal caso, però, non possono introdurre limitazioni alla proprietà comune o privata. Tali limitazioni possono essere introdotte solo con il consenso di tutti i proprietari (regolamento assembleare approvato all’unanimità).

Nel caso in cui l’assemblea non approvi il regolamento o resti inerte, il singolo proprietario può ricorrere all’Autorità Giudiziaria, chiedendo di redigere il regolamento di condominio.

Il regolamento condominiale deve essere allegato nel registro dei verbali di assemblea.

I regolamenti di natura non assembleare sono, invece, redatti dal costruttore dell’edificio o dall’originario ed unico proprietario, il quale lo inserisce con un’apposita clausola nel contratto di vendita dell’unità immobiliare.

Tali regolamenti prevedono, spesso, limitazioni ai diritti dei proprietari.

A queste limitazioni alla proprietà contenute nel regolamento di condominio (es. non parcheggiare le auto nel cortile; non modificare la destinazione d’uso del locale, etc.), la Corte di Cassazione ha riconosciuto la natura di servitù reciproche: si tratterebbe, cioè, di tante servitù quante sono le unità immobiliari, con il medesimo oggetto ( ad esempio,non modificare la destinazione d’uso del locale; ogni unità immobiliare è, quindi, contemporaneamente, fondo dominante e fondo servente: fondo dominante, perché può imporre gli altri fondi serventi di rispettare la servitù (non modificare la destinazione d’uso del locale) e fondo servente perché deve rispettare il divieto di modificare la destinazione d’uso del locale.

In tali casi, perché sia opponibile ai terzi acquirenti, è necessario che il regolamento condominiale di natura contrattuale (predisposto dall’originario proprietario) sia trascritto nei registri immobiliari e che nella nota di trascrizione sia indicata la specifica clausola che limita la proprietà.

Altrimenti, la predetta clausola non può essere opposta ai successivi acquirenti, benché la stessa sia contenuta nel regolamento di condominio.

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